Spalare ricordi fa male. Anche quando non sono i tuoi. Anche quando sai che stai aiutando chi, quei ricordi, li ha vissuti e custoditi.
Ho prestato aiuto a Spazzate-Sassatelli, in una borgata divisa tra tre province, per la quale il torrente Sillaro non ha avuto pietà, per ben due volte nel giro di due settimane a maggio 2023.
Quasi otto ore a spalare melma e a spazzare acqua, a spostare oggetti ricoperti di fango maleodorante, sotto gli occhi spalancati dei padroni di casa.
Una luce accecante, il fango quasi secco è diventato una patina bianca che ricopre e pietrifica tutto.
Case violate dalla melma, che solo grazie all’acqua dell’idrogetto possono ritornare ad essere decenti. Anche se non sarà più come prima.
I segni dal muro si possono cancellare, ma quelli nei ricordi di queste persone, no.
Giravano per il cortile a vuoto, giravano per casa a vuoto, dicendo: “Aspettiamo solo i bobcat per spalare via il fango”, “Ho sempre tenuto tutto, perché prima o poi se ne può avere bisogno”..
E i detriti fuori dalle case, e c’era chi non voleva chiamarli detriti ma “Cose da tenere”. E ti ritrovati a spostare di qui e di là pezzi di fango con “dentro” cose, assecondando chi ,“quelle cose”, le aveva ospitate in casa, nel giardino, fino a poche settimane prima.
Non ho fatto domande, non ho scattato ritratti se non di coloro che vedevo meno persi. Come il benzinaio che scherzando ci raccontò che Jovanotti scrisse “L’ombelico del mondo” dopo essere passato di lì. O come i volontari che ci servirono il pranzo.
E il caldo, l’umidità, le zanzare. Il rumore del compressore, il rumore delle pale sul pavimento, le risate con gli altri volontari, e la gioia nel ritrovare una forma di vita, quella di un grillotalpa, in mezzo a tutto quel fango.
E poi torni al tuo pullman, ti cambi, e speri che nei prossimi giorni non piova. Altrimenti si dovrà tornare da capo.